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La Filiera Vitivinicola

IL NOSTRO IMPIANTO DI GASSIFICAZIONE NELLA FILIERA VITIVINICOLA

Il nostro impianto di gassificazione consente di produrre energia elettrica, termica e frigorifera, dimostrandosi la soluzione perfetta per la filiera vitivinicola che necessita della trigenerazione per i processi di trasformazione dell’uva. È in grado di fornire l’energia necessaria a tutte le fasi di lavorazione dalla pigiatura, alla fase di fermentazione, con conservazione della temperatura più idonea, fino alla svinatura, la torchiatura, l’imbottigliamento e lo stoccaggio del prodotto finito nelle cantine. 

L’impianto è alimentato a biomassa, è quindi in grado di utilizzare molte tipologie di scarti vegetali tra cui sfalci di potatura e ramaglie in mix con cippato di legna. Dal suo processo di gassificazione è inoltre in grado di ottenere carbone vegetale in uscita. Si presenta quindi la soluzione perfetta sia per produzione di energia ai fini di immissione in rete che per autoconsumo.

È possibile scegliere di produrre una quantità di carbone superiore a quella non strettamente necessaria alla produzione di energia elettrica per ottenere quantità più importanti da immettere nel mercato con un ulteriore ritorno economico.
 

Impianto di gassificazione a biomasse nella filiera vitivinicola

BIOMASSE RESIDUALI E RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI SMALTIMENTO DEI RESIDUI DI POTATURA

La biomassa residuale rappresenta un cospicuo bacino di approvvigionamento da cui gli stessi produttori possono trarre un importante utile in termini economici, in quanto possono risparmiarsi le operazioni di bruciatura in loco o di interramento previa trinciatura, tecniche peraltro dannose per l’ecosistema in quanto aumentano l’immissione incontrollata di fumi nell’atmosfera e rendono più agevole la diffusione di eventuali inoculi presenti nel legno, contaminando le piante sane con vari patogeni. (Fonte: Dipartimento tecnico economico per la gestione territorio agricolo forestale, Potenza). Il nostro sistema rappresenta pertanto una soluzione in grado di rendere un’unità produttiva completamente indipendente dal punto di vista energetico e di utilizzo di risorse disponibili. Inoltre il carbone prodotto dalla trasformazione della biomassa in ingresso, trattandosi di carbone vegetale ricco di carbonio, può essere utilizzato quale prezioso ammendante per i vitigni.

L’UTILIZZO DEL CARBONE VEGETALE DEL NOSTRO PROCESSO DI GASSIFICAZIONE PER IL VIGNETO

Le conseguenze dei cambiamenti climatici si stanno manifestando nel settore vitivinicolo in modo sempre più evidente e i vigneti dell’area mediterranea sono e saranno nei prossimi decenni tra i più esposti, non solo agli effetti del riscaldamento globale, ma anche ad un susseguirsi sempre più frequente di eventi estremi, tra i quali periodi caldi e siccitosi più o meno prolungati. L’uso del biochar, la cui applicazione dovrà essere testata per le diverse varietà e nei diversi suoli, potrebbe quindi essere di aiuto per migliorare la resistenza della pianta in questi periodi di siccità anche in condizioni di scarsità di risorse idriche e in assenza di irrigazione. È quanto i ricercatori di Ibimet in collaborazione con Marchesi Antinori stanno indagando da cinque anni su un vigneto sperimentale nella tenuta La Braccesca di Montepulciano. Nonostante norme e disposizioni il problema sussiste e viene risollevato ad ogni periodo di potatura e per tutti questi residui vegetali che non vengono bruciati i costi di smaltimento per i comuni italiani e per le aziende agricole gravano sui bilanci, rappresentando un inutile spreco economico facilmente evitabile. A partire dal 2009 sono state distribuite in vigneto, seguendo un disegno sperimentale a blocchi randomizzati, due diverse dosi di biochar, una di 22 tonnellate per ettaro e una seconda doppia rispetto alla prima e distribuita in due stagioni successive per verificare la presenza di effetti transitori, comparate ad un testimone non trattato con l’ammendante. 

Il biochar apporta miglioramenti al rendimento del terreno«Nella scelta del vigneto da trattare ci siamo voluti porre nelle condizioni migliori per valutare l’effetto migliorativo del biochar nei terreni difficili e di conseguenza abbiamo scelto un suolo acido, con pH vicino a 5,4 e poco profondo, più suscettibile ai periodi siccitosi- spiega Genesio che continua così a descrivere i risultati della sperimentazione – i risultati hanno confermato le attese, in quanto abbiamo verificato che il biochar ha portato ad un miglioramento non solo nelle caratteristiche fisiche e chimiche del suolo, il cui pH è aumentato in modo permanente e nel quale la capacità idrica espressa in AWC (Awailable Water Content) è migliorata, ma anche nello stato fisiologico delle piante, valutato come incremento nel potenziale idrico fogliare, nella produzione di clorofilla e nella conduttanza degli stomi, indice dell’intensità degli scambi gassosi e di conseguenza dell’attività fotosintetica. Una serie di effetti che si sono rivelati superiori negli anni di maggiore stress idrico come il 2012, nei quali la differenza con le parcelle di controllo risulta più evidente.»

Valutati gli effetti sul suolo e sullo stato e il benessere della pianta, occorreva misurare quali fossero le conseguenze sulla produzione, sia in termini quantitativi che di qualità delle uve.

«Gli effetti osservati – continua il ricercatore fiorentino – hanno portato, come del resto è già noto per le altre colture, ad un aumento di produzione, con una differenza tra le tesi trattate con biochar e quelle non trattate, che è risultata superiore negli anni di maggiore scarsità idrica. Questo significa che le piante si avvantaggiano di più dell’effetto del biochar quando l’acqua che l’ammendante consente di immagazzinare diventa un fattore limitante. Per valutare l’opportunità di un trattamento in vigneto a questo punto era interessante e fondamentale andare a vedere se l’aumento di produzione si traducesse (come avviene con le pratiche agronomiche cosiddette di “forzatura” ndr) in una riduzione nei parametri qualitativi, secondo lo schema per cui in viticoltura una maggior produzione corrisponderebbe ad una minore qualità. In verità quello che abbiamo visto è che non ci sono differenze significative nei parametri qualitativi che abbiamo analizzato (Brix, AT, pH e antociani) e che quindi i vigneti in condizioni di minore stress idrico e nei cui suoli era stato incorporato il biochar, erano in grado di dare produzioni maggiori ma di identica qualità».

Per questo comportamento, che non sarebbe dovuto semplicemente ad un diverso accrescimento per distensione dei tessuti dell’acino, come provano anche il rapporto invariato tra polpa e buccia e il maggior numero di vinaccioli presenti nelle uve delle particelle trattate, si ipotizza che la maggiore disponibilità di azoto o il minore stress termico per effetto del colore più scuro del suolo o idrico al momento della fioritura o dell’allegagione, portino ad una diversa espressione di alcuni geni coinvolti con la fertilità della bacca, tesi che potranno essere spiegate in futuro da ulteriori studi svolti a livello fisiologico e molecolare (CNR IBIMET – Lorenzo Genesio et al., 2015).

Schema di processo:

Processo di gassificazione - RM Impianti

 

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