Nel 2015 i sussidi alle fonti fossili sono stati pari a 5300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto) secondo l'ultimo studio del Fondo Monetario Internazionale. Tanto quanto il 6,5% del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. Tra i maggiori investitori la Cina con 2.272 miliardi (+22%), seguita da Stati Uniti con 699 miliardi (+14%) e Russia con 335 miliardi (5.7%). Mentre in Europa è la Germania la maggior sostenitrice delle fonti fossili con 55,6 miliardi di dollari (+10.5%), seguita dal Regno Unito con 41,2 miliardi (+12.2%) e dalla Francia con 30,1 miliardi (+13.2%). Seguono Spagna – 24,1 miliardi, Repubblica Ceca – 17,5 miliardi e l'Italia con 13,2 miliardi.
Cosa sono i sussidi alle fonti fossili?
L'insieme di aiuti diretti e indiretti alla produzione, distribuzione e consumo di combustibili fossili. I principali network ambientalisti chiedono di abolirli e di spingere sulla decarbonizzazione delle economie per fermare la crescita delle emissioni di gas serra e contenere entro i 2°C l'aumento della temperatura globale. Lo stop ai sussidi consentirebbe infatti, da solo, di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate (cioè del 5,8% al 2020), contribuendo al raggiungimento della metà dell'obiettivo climatico necessario a contenere l'aumento di temperatura globale di almeno 2°C.
La COP21 può essere una straordinaria occasione per far assumere all'Europa un ruolo da protagonista nell'impegno contro i cambiamenti climatici. Al Governo Renzi chiediamo un'operazione di trasparenza sui sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili, cancellandoli per spingere l'innovazione energetica in Italia e nel mondo.
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